..ma a me piace anche il cinema..

giovedì 13 luglio 2017

intervista al lettore/scrittore #15 Barbara P. Baumgarten

Buonasera amici lettori!!
Finalmente ho una nuova autrice e lettrice da intervistare!
Sono felice di presentarvi Barbara, una ragazza da brrrrrividi, che non si può non amare visto il suo personaggio preferito..ahahah io sono di parte.. zia Row sarà contenta di leggere questa intervista, visto che segue assiduamente questo blog!
Siete pronti? Cominciamo!!!



nome (anche uno pseudonimo se preferisci l’anonimato)

Piacere, sono Barbara Parodi, ma come autrice preferisco usare Barbara P. Baumgarten.  Il motivo? Sfortunatamente, il mio cognome è stato più volte associato alla cucina e così ho scelto un nome d’arte ispirato al mondo della Filosofia al quale sono particolarmente affezionata.

sei un lettore o un autore?

Entrambe le cose, direi. Prima di poter essere un autore è necessario essere un lettore; non credo che le due cose possano essere divise. Ho cominciato a leggere da bambina ed è stato merito di mia madre, grande divoratrice di carta stampata. Grazie a lei ho capito che si possono vivere migliaia di vite semplicemente aprendo un libro e non la ringrazierò mai abbastanza per questo.

Quali sono le tue letture preferite?

Credo di essere piuttosto bulimica nella lettura. A seconda del momento e del mio stato d’animo scelgo un libro, che possa essere fantasy o fantascienza, romantico o horror. Ovviamente, quando entro in libreria mi dirigo con fiero cipiglio verso il reparto fantasy prima di tutto, ma, ripeto, non disdegno mai una sana lettura d’altro genere. Osservando i miei libri direi che si possa comprendere quanto amo viaggiare con la mente e non solo per l’accozzaglia di generi, ma soprattutto perché non amo ordinarli in base a quello. Ecco che a fianco al Signore degli anelli è possibile trovare il Dracula di Bram Stoker o Chocolat della Harris.

Quale genere scrivi?

Nella scrittura rimango fedele alla bulimia di lettura. Credo di non aver ancora individuato un genere specifico e per il momento cerco di sperimentare. Mi piace scrivere horror senza dubbio, ma anche cyberpunk e fantasy. La cosa che mi diverte maggiormente è proprio il misurarmi con registri e stili narrativi differenti, potendo passare da una scrittura più scarna a una più dettagliata.

Quando hai iniziato a scrivere?

La prima storia che ho scritto risale a quando avevo circa quindici o sedici anni. Era un thriller. All’epoca leggevo James Patterson e Michael Crichton e ricordo di aver provato a mescolare i due generi. Il risultato non è stato dei migliori anche se mia madre sostiene tutt’oggi il contrario, ma si sa che la mamma è di parte. Poi ho continuato a sperimentare: iniziavo progetti che non portavo a termine, finendo col collezionare prologhi su prologhi. Alla fine sono approdata su Efp e Wattpad che mi hanno permesso di non accatastare pile di carta in camera.


Cosa ti ha spinto a mettere nero su bianco  i tuoi pensieri?

Domanda difficile… Credo che ognuno di noi debba trovare una propria valvola di sfogo. Alcuni la trovano nello sport, ad esempio; io l’ho trovata nella scrittura. Ho capito quanto potesse essere terapeutico dare ai miei personaggi le mie stesse problematiche e tentare di risolverle dall’esterno mi ha permesso un’analisi più obiettiva di me. Quando ho scritto Segui le mosche, per esempio, stavo affrontando un periodo decisamente brutto e ho riversato tutte le mie paure nei miei personaggi. Spesso mi chiedono quanto ci sia di me in quel libro e io rispondo che c’è tutto: io sono costantemente presente in ogni riga e in ogni pensiero.

Parlami del tuo libro preferito (che hai letto) e perché ti è piaciuto tanto

Scegliere un libro preferito? Credo sia impossibile! Il primo che ho amato è stato sicuramente IT: ho visto quel tomo sul comodino di mia madre per settimane e quando, finalmente, ho avuto il permesso di leggerlo per me è stato il massimo. Poi è stata la volta di Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, de Il signore degli anelli, di Mangiatori di Morte e Harry potter. No, davvero: non riesco a scegliere.

Qual è il tuo personaggio preferito in assoluto? Perché?

Ronald Weasley. Lo amato da subito: impacciato, simpatico, fedele, coraggioso e con l’immensa paura dei ragni. Credo sia uno di quei personaggi con i quali è facile simpatizzare. Non è l’eroe, eppure sta sempre in prima fila; il suo nome non sta in copertina, ma è grazie a lui che Harry ce la fa. Devo ammettere che di solito sono proprio i personaggi che affiancano il principale ad affascinarmi di più. Ho amato maggiormente Samvise Gamgee ripsetto a Frodo, Jasper rispetto a Edward… Non so perché, ma sono attratta da chi tende a rimanere in disparte svolgendo ugualmente un compito fondamentale.


Parlami del tuo lavoro di autore e delle tue opere

Nonostante la mia attività produttiva sia frenetica e caotica, l’anno scorso sono riuscita a portare a conclusione Segui le mosche, di fatto il mio primo libro. È stato un vero e proprio travaglio: un po' per la troppa vicinanza con la mia situazione mentale, un po' perché non sapevo come farlo finire. Il finale di Segui le mosche è stato un continuo scrivi e cancella, scrivi e cancella. Non ho mai pensato – come del resto non penso mai – di fare qualcosa che sarebbe piaciuto ai lettori, ma che fosse importante per me e, probabilmente, sono la mia lettrice più esigente.
Quando scrivo cerco di documentarmi molto. Per Segui le mosche ho letto tantissimi documenti sui manicomi, sul ciclopropano e sull’attività del cervello in caso di paura. Ho trascorso ore su Google Maps a girare per le stradine di Leadville, in Colorado, dove la storia è ambientata.
Al momento sto cercando di concludere un fantasy: è una storia alla quale lavoro da quasi due anni ormai e che si è arenata qualche mese fa, per poi essere ripresa con entusiasmo. Ecco, non riesco a scrivere a cottimo anzi, se ho scadenze il mio cervello si chiude e addio ispirazione.

Quanto della tua personalità c’è nei tuoi personaggi?

Tantissimo, forse troppo. La cosa interessante, però, è che non sono presente in un unico personaggio, ma c’è un po' di me in ognuno di loro. Se prendessimo Segui le mosche, ecco che l’incapacità di Sophy Ward di ragionare per la paura, o la suddivisione netta fra buoni e cattivi di Stein, o ancora l’inerzia con cui va avanti Buckler mi appartengono e hanno caratterizzato la mia vita in quel periodo. In Segui le mosche c’è la paura della morte, la volontà di sapere che c’è qualcosa dopo questo mondo e, infine, l’impossibilità di misurarsi con queste domande. Ho inserito il limite umano oltre il quale non è possibile andare; ho volutamente posto dei paletti che, apparentemente, avevo eliminato. Tutto questo perché credo fermamente che in alcuni momenti della vita si abbia la necessità di credere nei propri super poteri e che sia altrettanto necessario il fallimento.

I personaggi rispecchiano le personalità di altre persone che conosci?

Tutte la stessa persona: me stessa. Mi sono divisa in pezzi e ho dato a ognuno dei miei personaggi qualcosa di me. Hanno i miei difetti e miei pregi, oltre a una personalità propria. Si dice che uno scrittore scriva di ciò che sa. Ecco, credo che per certi versi sia vero: i personaggi possono rispecchiare l’autore, oppure rappresentare proprio ciò che uno scrittore detesta, ma tutto ruota attorno a lui.

Vuoi condividere con me il link  per acquistare il tuo libro?



Invieresti a un blogger il tuo lavoro per una recensione?

Domanda interessante. Credo che quello del blogger sia un lavoraccio e non ci sono dubbi: piovono richieste di recensioni. Sono convinta che, se sapessi di ricevere una reale opinione e non un’edulcorata versione solo perché ho regalato il mio libro, lo farei. Il problema è proprio quel “se”, perché ultimamente leggo recensioni che, a mio avviso, non rispecchiano la verità.


Se si, se il tuo lavoro non piacesse al blogger e scrivesse una cattiva recensione, come la prenderesti?

La prenderei come andrebbe presa: mi dispiacerebbe, ovvio, ma in fin dei conti ho richiesto io quella recensione. Sono convinta che un parere sincero ed esaustivo, per quanto pugno in pieno volto, faccia davvero bene. Un po' come quando per imparare ad andare in bicicletta mi sono sbucciata così tante volte le ginocchia che è un miracolo non avere le rotule completamente scoperte. Mi sono fatta male, sono caduta e mi sono rialzata, e ho imparato, finalmente, a pedalare.



Quanto conta per te la copertina di un libro?
Uh, se dicessi che i miei acquisti sono al 90% frutto della copertina, mi prendereste per superficiale? Scherzi a parte, sono convinta che un libro attiri prima di tutto per la copertina, allo stesso modo in cui, nella vita, un bell’uomo o una bella donna attirano lo sguardo. Ovviamente deve esserci un contenuto, ma quello si giudica sempre e solo dopo aver fatto l’acquisto. Quindi, vale molto per me la copertina del libro.
La copertina di Segui le mosche l’ho fatta personalmente e non mi sono fermata fin quando, guardandola, non mi sono detta “Sì, questo libro lo comprerei.”


Quanto incide il genere sulle vendite?

Tanto. Il mercato del libro risente, come tutte le cose, della moda. Esistono ancora gli stereotipi e i pregiudizi sul fanatsy, ad esempio, reputato infantile. L’horror è splatter, l’erotico è una serie di porcate esplicite, lo storico è noioso, la fantascienza è una sciocchezza e via dicendo. Il genere incide sulle vendite a seconda del periodo storico e la fortuna o meno di un genere dipende da quanto è forte il pregiudizio in quel momento.


Ci sono autori italiani che ti piacciono? Perché?

Posso dire di non conoscere molto il mercato italiano, se non quello che si legge sui libri di scuola. Mi sono avvicinata a Faletti, per esempio, ma non mi è piaciuto così come Camilleri. Sulla piattaforma Wattpad, invece, ho trovato qualche chicca interessante. Come in molti settori, anche nell’editoria l’Italia tende ad essere ancora legata al nepotismo e fin tanto che sarà così, cioè fin tanto che verranno pubblicati solo i “raccomandati”, molte perle rimarranno nel vasto oceano del web.

Hai qualche titolo da consigliare ai lettori di questo blog?

Oh tanti! Per evitare una lista chilometrica, direi quattro titoli, uno per genere che amo: La notte in cui bruciammo Chrome di W. Gibson (fantascienza), Lo strano caso del dottor Charles Dexter Ward di H.P. Lovecraft (horror), La spada della verità di T. Goodkind (fantasy), Le pagine della nostra vita di N. Sparks (romantico).


Estratti di Segui le mosche:

IL DETECTIVE Stein sedeva al Burro’s Cafe pensando a come ammazzare il tempo che aveva concesso al dottore. Non si aspettava gran che e si pentì di aver dato quella possibilità a Buckler. Lui era fatto così: credeva che le cose scontate fossero in definitiva quelle più probabili. Come la sua vita, del resto: una moglie che l’aveva tradito con il suo migliore amico e un lavoro che non gli permetteva di avere molta vita privata l’avevano condotto alla palese conclusione che dovesse lasciare la città per trasferirsi in un luogo più tranquillo. Ci aveva riflettuto parecchio vagliando infinite possibilità finché, alla fine, si stupì di quanto la soluzione fosse banale. Lasciò Denver per trasferirsi a Leadville portando con sé solo un paio di scatole. In una i vestititi, nell’altra i pochi effetti personali. Aveva liberato la casa nella quale aveva abitato con Jennifer in poche ore e abbandonato tutto senza voltarsi indietro. L’unica cosa che non aveva voluto lasciare era quel detective posto davanti al suo nome e, sebbene nella cittadina di Leadville tutti sapessero che l’autorità più alta in carica fosse quella dello sceriffo, Stein continuò a presentarsi come detective della Omicidi. Ricordava ancora il suo primo giorno di lavoro: lo sceriffo Albert McKay, un uomo grassoccio e decisamente burbero, lo aveva osservato ridendo mentre poneva ordinatamente la sua targhetta sulla scrivania. Da quel momento tutti, nel Dipartimento, lo chiamarono Detective.


Estratto 2:
IL ST.GEORGE INSTITUTE era stato fondato nei primi anni del Novecento come ricovero per persone con instabilità psicologica. La struttura, esternamente, ricordava palazzi in stile vittoriano gotico, mentre all’interno era stato costruito sul modello ispirato a Kirkbride. Nel 1845, l’architetto Thomas Kirkbride aveva descritto la struttura ideale di un manicomio, influenzandone la costruzione dalla seconda metà dell’Ottocento. Era facile distinguere un istituto Kirkbride: imponente stile vittoriano, grande parco tutt’attorno e, spesso, c’era una fattoria nei paraggi dove i pazienti potevano lavorare per scopi terapeutici. Il St.George ricalcava perfettamente quel modello, ma Buckler si chiese se anche nell’Ottocento apparisse così lugubre. La struttura, abbandonata dagli anni Settanta, era selvaggiamente rovinata dal tempo, dalla vegetazione e dai vandali. Molte finestre erano rotte ma lo stesso non poteva dirsi delle grate. Nonostante il tempo, infatti, parevano ancora forti e robuste. Il parco era conservato allo stato brado, con piante ed erbacce che crescevano selvagge ricoprendo ogni cosa, dai primi gradini dell’ingresso alle panchine in pietra disposte qua e là lungo il sentiero che si snodava attorno all’istituto. Quando il cancello si aprì sotto la spinta di Buckler, il suo cigolio si diffuse acuto nel silenzio della zona, provocandogli un brivido. Alcuni corvi si misero a gracchiare prendendo il volo e il dottore trasalì.


Bene bene bene, direi davvero una ragazza interessante!!!
Grazie Barbara per essere stata con noi. La prossima volta ci darai la tua ricetta della torta di mele?! (scusa, non ho resistito!!!).


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